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Ordine di protezione dagli abusi in famiglia

16 giovedì 2015 visualizzazioni:

Care lettrici, questa settimana cercherò di presentare brevemente un argomento delicato come l’ordine del giudice per la protezione dagli abusi che si consumano all’interno delle mura domestiche.

Quello dell’abuso in famiglia è un argomento complesso, soprattutto per tutte le implicazioni psicologiche ed affettive inevitabilmente connesse che rendono la vittima di tale atto di prepotenza una persona bisognosa di un reale sostegno, anche da parte dell’autorità giudiziaria. Per questo motivo, nell’aprile del 2001, veniva approvata dal Parlamento la legge n. 154 in risposta alla sempre più forte esigenza di introdurre nel nostro ordinamento delle regole efficaci per la protezione di persone vittime di maltrattamento nell’ambiente domestico; si tratta della normativa relativa ai cosiddetti “maltrattamenti familiari”.

Una importante caratteristica di queste previsioni di legge è che esse non si rivolgono esclusivamente ai coniugi, ma proteggono anche coloro che subiscono maltrattamenti da parte di un convivente inteso come altro componente del nucleo familiare (ad esempio, un fratello, un figlio o un genitore). In ogni caso è comunque necessario che il giudice ritenga, dopo aver valutato il caso concreto, che la condotta posta in essere sia causa di grave pregiudizio all’integrità fisica, morale o alla libertà dell’altro coniuge o convivente (come nei casi di ripetute violenze, minacce o aggressioni).

Nel momento in cui, al termine della propria valutazione, il giudice, che è l’autorità legittimata a valutare e decidere, ritenga che si sia verificato un maltrattamento in famiglia, può emettere un decreto, con il quale adotta una serie di provvedimenti volti alla protezione della persona maltrattata. Tra questi provvedimenti si possono ricordare l’obbligo di cessare la condotta negativa, l’allontamento dalla casa familiare e, se occorre, il giudice può imporre al coniuge o convivente di non avvicinarsi a tutti quei luoghi che sono frequentati abitualmente dalla vittima, ad esempio il luogo di lavoro, il domicilio dei genitori o di altri parenti e le scuole dei figli.

A volte accade che il familiare sottoposto ai soprusi si trovi frenato dal denunciare i maltrattamenti subiti a causa delle condizioni economiche in cui versa: per questo motivo se, a causa dell’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o convivente, la persona offesa o gli altri membri del nucleo familiare rimangano senza mezzi adeguati per il proprio sostentamento, l’art. 342ter del codice civile, introdotto appunto con la legge del 2001, prevede la possibilità per la quale l’autorità giudiziaria, congiuntamente all’allontanamento dalla casa familiare, possa obbligare al versamento di una somma di denaro prescrivendone i tempi e le modalità.

L’ordine di protezione non può avere una durata indeterminata ma ha necessariamente un termine che viene fissato dal giudice a seconda della situazione concreta e, ad ogni modo, non può avere una durata superiore ad un anno anche se, nel caso in cui ricorrano gravi motivi, può essere prorogata su richiesta di parte.

Concludendo possiamo dire che, grazie all’introduzione dell’istituto giuridico dell’ordine di protezione, sono state riformate e rafforzate in modo sostanziale le tutele a favore delle persone vittime di violenze, fisiche e psichiche, in ambito domestico, per quanto la problematica non possa evidentemente essere risolta solo con l’emanazione di nuove leggi, necessitando interventi anche, e soprattutto, per evitarne l’insorgere.

 

Per domande, dubbi o richieste scrivere a viadana@bella.it

 

avv. Marco Viadana (Studio legale associato Spelta Viadana)
www.viadanaspelta.it

16/7/2015