Care lettrici, in questo articolo vorrei parlarvi del cosiddetto assegno di mantenimento, ovverosia quella somma mensile periodica che, in sede di separazione, può accadere che un coniuge debba corrispondere all’altro.
In primo luogo bisogna chiarire in cosa consiste questo tipo di assegno: come appena accennato, si tratta sostanzialmente del versamento di una somma di denaro che viene effettuato, a seguito di separazione personale, in favore del coniuge economicamente più debole.
Con la proposizione della domanda di separazione viene quindi concesso dal legislatore che si interrompano alcuni doveri, come l’obbligo di fedeltà e di convivenza (art. 146 c.c.) lasciando però (quasi) inalterati gli obblighi di assistenza materiale.
Il dovere, che può sorgere in capo ad uno dei due coniugi, al versamento dell’assegno di mantenimento, si basa principalmente su due articoli del codice civile, ovverosia, l’articolo 143 c.c. rubricato “diritti e doveri reciproci dei coniugi”, nel quale viene fatta menzione dell’obbligo reciproco non solo di assistenza morale ma anche materiale, e l’articolo 156 c.c. riguardante gli effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi.
È necessario ricordare che, perchè la somma di cui sopra venga periodicamente versata, come statuito dal Giudice o sottoscritto concordemente dalle parti, è necessario che ricorrano una serie di presupposti, tra i quali: l’esplicita richiesta in sede di domanda di separazione; il coniuge beneficiario deve essere sprovvisto di adeguati mezzi economici tenuto conto del tenore di vita dei soggetti durante il matrimonio e, in ultimo, il coniuge tenuto al versamento deve disporre di un reddito idoneo. In estrema sintesi, l’assegno sarà dovuto se verrà provato l’evidente squilibrio tra le posizioni economiche delle parti (ad esempio se la moglie abbia rinunciato al lavoro e alla carriera per occuparsi della famiglia).
Nel 2006 la Suprema Corte si è espressa statuendo che: “al fine del riconoscimento del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, è essenziale che questi sia privo di redditi che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto durante la convivenza e che sussiste una disparità economica tra i due coniugi […]”
Un ulteriore presupposto, indicato nel primo comma dell’art. 156 c.c. riguarda il mancato addebito della separazione: infatti, l’assegno di mantenimento non può essere riconosciuto al coniuge se ad esso è stata addebitata la separazione (tradotto: quando la fine del matrimonio sia stata causata dal comportamento “scorretto” di un coniuge), anche se privo di mezzi economici idonei al proprio sostentamento.
Una volta concesso, o concordato, tale somma può essere sottoposta a revisione quando si constatino dei cambiamenti relativi alla situazione economica di uno o dell’altro coniuge: ad esempio, il beneficiario, disoccupato al momento della separazione, inizia a svolgere un’attività lavorativa. La revisione dell’importo può avvenire sia in aumento che in riduzione a seconda del sensibile miglioramento o peggioramento della situazione economica di uno dei due coniugi.
In conclusione, possiamo dire che il legislatore ha stabilito delle precise regole al fine di disciplinare i rapporti patrimoniali tra i coniugi, con l’obiettivo di tutelare il soggetto economicamente più debole che aveva fatto affidamento, non solo su un sostegno morale, ma anche economico da parte del coniuge.
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avv. Marco Viadana (Studio legale associato Spelta Viadana)
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