Sebastiano del Piombo, forse già prima del Sacco di Roma del 1527, elaborò la tecnica della pittura a olio su pietra, conscio di stare resuscitando una pratica antica, citata da Plinio.
Le terribili devastazioni dovute al saccheggio della città decretarono il successo della sua invenzione: pittore e committenti si illusero infatti che la pietra, al contrario delle fragili tele e tavole, avrebbe conferito immortalità alla pittura. Al pittore veneto dunque, e a questo terribile frangente, si fa risalire l’invenzione della pittura su pietra, cui la Galleria Borghese dedica dal25 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023 la mostra Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento, a cura di Francesca Cappellettie Patrizia Cavazzini. La mostra, pensata per attirare l’attenzione del pubblico su questa produzione di og-getti singolari, si inserisce in un percorso di ricercainiziato nel 2021 con l’appro-fondimento del tema della Natura e del Paesaggio all’interno della collezione della Galleria.
È la collezione stessa, raccolta da Scipione Borghese nei primi tre decenni del Seicen-to, a presentare esempi di pittura su pietradi notevole interesse, mentre il contesto, la diversità di materiali impiegati nelle opere e la loro sintonia con le collezioni storiche non più esistenti di piante, animali e altre curiosità naturali, contribuisce a definire quel senso di meraviglia e di stupore che la accompagna da secoli.
Con oltre 60 opereprovenienti da musei italiani e stranieri e da importanti colle-zioni private, Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento racconta, oltre all’ambizione all’eternitàdelle opere d’arte, del dibattito criticodi un’epoca sensibile alla gara tra pittura e scultura, e anche di materiali pri-mordiali,estrattidalleminiere,delloropercorsoavventurosofinoallebotteghedegli artistie fino al loro posto nelle collezioni,che diventano nuovi luoghi di questi dibattiti, in palazzi e ville sempre più ricchi di arredi, calamite per la produzione di beni di lusso.
Il percorso, articolato in otto sezioni, inizia con LA PIETRA DIPINTA E IL SUO INVENTORE, una necessaria premessa cinquecentescache dimostra quanto l’uso di metalli e marmi come supporto alla pittura, la rendesse non solo capace di vincere il tempo, come la scultura, ma anche di rendere durevole la memoria di un personaggio: ce lo rivelano opere come il Ritratto di Roberto di Filippo Strozzi (1550 c.)di Fran-cesco Salviati, su marmo africano; quello di Cosimo de Medici(1560 c.) attribuito al Bronzino, su porfido rosso; o ancora il Ritratto di Papa Clemente VII con la barba (1530 c.)di Sebastiano del Piombo.
A partire dai primi decenni del Seicento, a seconda dei contesti geografici, la scelta dei materiali oscilla tra l’esigenza di garantire la conservazionedelle opere e l’in-teresse per la capacitàdi questi materiali di evocare il soggettostesso, di confron-tarsi con l’Anticoe con le altre arti, partecipando alla costruzione del significatodell’immagine.
Nella sezione UNA DEVOZIONE ETERNA COME IL MARMO, accanto a opere si-mili a talismani, alle quali era talvolta attribuito un potere magico di protezione dai mali fisici e spirituali, e dedicate alle immagini incorruttibili della devozione spesso parte degli arredi delle camere da letto dei cardinali, come l’Adorazione dei magi (1605 – 1620) su alabastro di Antonio Tempesta o la Madonna con il Bambino e San Francesco (1605 c.)di Antonio Carracci dipinta su rame troviamo dipinti su alabastro, lavagna, marmo di Carlo Saraceni, Orazio Gentileschi, Cavalier d’Arpino e molti altri.
Accanto a queste, una piccola parte dedicata a FERMARE LA BELLEZZA raccoglie tre immagini femminili del pittore toscano Leonardo Grazia dedicate a Ebe, Lucrezia e Cleopatra,realizzati nella prima metà del Cinquecento, due delle quali su lavagna; mentre nella sezione ANTICO E ALLEGORIA si trovano opere su marmo, lavagna e pietra di paragone, tutte dedicate a temi della poesia come l’Andromeda del Cavalier d’Arpino e l’Inferno con episodi mitologici di Vincenzo Mannozzi. Lucidi e scintillanti, gli sfondi dei dipinti riflettono come specchi l’immagine dello spettatore che, mentre la osserva, entra a far parte dell’opera.
UNA NOTTE NERA COME LA PIETRA comprende i dipinti su pietre scure (pietra di paragone, lavagna o marmo belga) che sfruttano il nero del supporto per ambientare scene notturne e per far risaltare le finiture dorate; mentre nelle sezioni DIPINGERE CON LA PIETRA e PIETRE PREZIOSE E COLORATE, i sorprendenti fondali offerti dalla pietra paesina e la preziosità di supporti come il lapislazzulo, usato per il mare e il cielo, vengono esaltati dall’intervento dell’artista: anche in questo caso il colore e le screziature delle pietre contribuiscono alla composizione dell’opera e a suggerire significati.Sono spesso opere di artisti dalla formazione fiorentina, che sperimentano il suppor-to lapideo non solo in chiave di eternità della pittura, ma per evidenziare le possibilità decorative della materia.
È in questo contesto che si distingue Antonio Tempesta, singolare figura di raccordo fra Firenze e il mondo nordico. Pittore e incisore di grande fortuna durante il ponti-ficato di Paolo V, il Tempesta è maestro nel trasformare con pochi e sapienti tocchi di pennello la pietra paesina in edifici, paesaggi e marine. Sono questi i dipinti «fatti dalla natura e aiutati con il pennello» in cui si sfidano la capacità creativa del pittore e quella della natura.La discussione sulla durabilità delle opere d’arte si era inserita nel dibattito sul paragone tra scultura e pittura, ma nel corso del Seicento si infittisce il gioco fra arti sorelle: gli scultori usano marmi colorati e i pittori dipingono su pietra, mentre metalli e legni pre-ziosi concorrono alla creazione di oggetti straordinari, come piccoli altari, stipi e oro-logi, dalle forme architettoniche complesse e adorni di piccole sculture, rilievi e pittura.A questi oggetti, nei quali diversi tipi di marmi e di pietre dure sono impiegati per generare tensione con lo scopo stesso dell’oggetto, come nel caso dell’orologio che si confronta con lo scorrere inafferrabile del Tempo, e più spesso per il loro valore e per la stupefacente fattura, viene dedicata la sezione LA COLLEZIONE E IL COLORE DELLE PIETRE, che introduce alla presenza delle pietre colorate nelle collezioni aristocratiche romane.Questo prologo spettacolare comprende anche oggetti attual-mente parte della collezione Borghese, come il Tavoloin pietre dure di ambito romano oppure il Tabernacolo della Cappella con una stupefacente cornice di pietra dura, e oggetti appartenuti alla famiglia come il monumentale stipo conservato al Getty Mu-seum e tornato per l’occasione nei suoi luoghi di origine.Arricchiscono il percorso le statue con inserti policromi della Galleria, che generano un necessario confronto con i marmi colorati antichi, argomento che di certo non era estraneo alla concezione delle arti e dell’allestimento della collezione del cardinale e della sua corte, e che la mostra Meraviglia senza tempo mira a far comprendere nella sua unità visiva ricca di variazioni e di sfumature.“Il percorso ci accompagna alla scoperta di una ricchezza nascosta all’interno delle collezioni, ci avvicina a una forma di opera d’arte che si poteva toccare, per osservarla da vicino e con molta attenzione, lasciandosi incantare dall’abilità dell’artista e dall’energia creativa della natura stessa.
Un’alleanza che la mostra cerca di riportare al centro del nostro sguardo e del nostro pensiero”afferma Francesca Cappelletti.
“I visitatori saranno ripagati da una riflessione attenta sul legame tra supporto e significato che è quasi sempre presente. Ad esempio nel mito di Perseo e Andromeda dipinto su lapislazzulo da Antonio Tempesta, ricordiamo che l’eroe quasi scambiò la fanciulla per una statua quando la vide incatenata alla roccia, inseparabile da questa, come la sua immagine non può essere scissa dalla pietra su cui è dipinta”dichiara Patrizia Cavazzini. La mostra è accompagnata da un catalogoedito da Officina libraria, con introduzione di Francesca Cappelletti e testi, tra gli altri, di Patrizia Cavazzini, Piers Baker-Bates, Elena Calvillo, Laura Valterio, Judy Mann e Francesco Freddolini. Arricchisce il senso della mostra la pubblicazione Alla ricerca dell’eternità. Dipingere sulla pietra e con la pietra a Roma. Itinerari, a cura di Francesca Cappelletti e Patrizia Cavazzini, edito da Officina libraria, che ripercorre luoghi significativi di Roma, spesso poco noti, specialmente chiese ma anche palazzi aristocratici, dove si conservano pale di-pinte su pietra e in cui la ricchezza di marmi policromi e di mosaici crea virtuosi effetti coloristici. Dipingere sulla pietra e dipingere con la pietra, dunque. Un itinerario che conferma quanto queste pratiche fossero diffuse a Roma in quegli anni e che traferisce al lettore il significato e le ricerche della mostra, oltre la sua chiusura e oltre le mura della Galleria.
di redazione digital
25/10/2022