Parola di Mr. What Women Want
Negli anni ’80 gli “sms” arrivavano col postino o, più facilmente, all’interno una pallina di carta arrotolata, lanciata tra un banco e l’altro, durante le ore di lezione. Del resto a quel tempo l’ultimo modello di computer era il “Commodore 64”. Ma questo lo ricorda solo quella generazione che ha visto Paolo Rossi e Marco Tardelli esultare ai mondiali. Con l’arrivo di Internet tutto è cambiato, e anche i messaggi si sono prepotentemente trasferiti sulla rete. Certo Facebook la fa da padrone, ma sembra che i metodi di comunicare non bastino mai, tanto che social e programmi di messaggistica istantanea spuntano come lumache dopo la pioggia, e se non hai ancora l’App nata ieri sera ci sarà sempre un amico un po’ imbecille pronto a dirti che sei tagliato fuori dal mondo. Sarà.
Certo bisogna riconoscere che senza la rete si farebbe una gran fatica a tenere rapporti a distanza, ad esempio con il ragazzo/a conosciuto al mare, e che vedersi la sera in videochat con il marito/moglie all’estero per lavoro è sicuramente molto meglio della stitica telefonata internazionale in fretta e furia “amore vado che la teleselezione costa!”. Ma come la mettiamo con gli incontri virtuali? la possibilità di comunicare in tempo reale ha migliorato o peggiorato le nostre relazioni sociali? E soprattutto: “broccolare” – “battere i pezzi” insomma provarci via etere funziona davvero?
Certo ogni storia è a sé; ma non si può nascondere che uno dei maggiori rischi della realtà virtuale sia quello di poter (troppo) facilmente proporre, a volte involontariamente e talvolta non proprio, un’immagine di sé edulcorata, migliorata, e in fondo talmente parziale da non corrispondere, alla fine, alla realtà. E se da parte di chi si propone è facile imbattersi in questa tentazione, chi ci guarda e ci ascolta corre un rischio altrettanto fuorviante, come quello di proiettare sulla persona con cui è in contatto le proprie fantasie, i propri desideri, i sogni; insomma di vedere il principe azzurro anche quando non c’è.
Infatti, gironzolando sui social non è difficile imbattersi in almeno un paio di scomode realtà, che capitano a moltissimi frequentatori del web e che ritornano inesorabili come le cartelle di Equitalia:
1) tantissime donne si lamentano di quell’esercito di focosissimi “amatori virtuali” dalle 9 alle 5, di “galletti spavaldi” della scrivania, di “Rodolfo Lavandino” della pausa pranzo da lunedì a venerdì che poi sabato, domenica e durante le feste comandate chiude le comunicazioni, si ammutolisce magicamente e sparisce con la testa sotto la sabbia, per il terrore che mogli e fidanzate spiino il cellulare in uno dei (tanti) momenti di distrazione.
2) Ma ogni peccato ha sempre il suo contraltare, e per un universo di uomini coraggiosi solo fuori casa c’è un mondo di professioniste del selfie, di acrobate del Photoshop, funambole del ritocco virtuale, circensi dell’inquadratura ammiccante, patinata, studiata; aggrappate alla cancellata dello stabilimento balneare al tramonto, quando la luce crea l’effetto vedo (poco) – non vedo (soprattutto).
Certo, magari qualcuno di voi si è conosciuto, sposato e ha anche messo su famiglia grazie ai social; del resto generalizzare comporta necessariamente una certa dose di superficialità. Ma chi frequenta la rete sa che stiamo parlando di rischi più che quotidiani. Quindi, se demonizzare il web non sarebbe comunque giusto perché in fondo ci sta cambiano le vite, ogni tanto anche alzare lo sguardo dallo Smartphone, entrare in un bar ed offrire una birra ad una/o sconosciuto/a, o anche solo farsi invitare ad una festa in cui non si conosce nessuno (invece di dire sempre “non lo so… non ho voglia, e poi non conosco nessuno!”), non ci farebbe poi tanto male.
La vita vera è sempre quella cosa che sta lì, un metro fuori dalla porta di casa.
Buona settimana.
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