Parola di Mr. What Women Want
Probabilmente qualcuna tra voi ricorderà un articolo di qualche settimana fa su Milano e le milanesi in particolare, dal titolo “la femminilità perduta”; per tutte quelle che invece non dovessero ricordarselo ecco il link: https://www.bella.it/la-femminilita-perduta/
In questo articolo ricordavamo la tristezza dei vestiti grigi, neri e blu per sei mesi l’anno, le troppe code di cavallo per nascondere capelli con molto bisogno di cura, le unghie con gli smalti mangiucchiati, i tacchi appena accennati e con loro tutta la figura femminile che diviene pallido ricordo di se stessa, in una Milano che esporta femminilità in tutto il mondo attraverso la moda, ma che sembra dimenticarsene in casa propria. Qualche giorno fa è arrivato un commento molto arguto e intelligente di una lettrice, che scrivendo molto bene mi ha ricordato che c’è un peccato ancora più grande che una donna può commettere rispetto ad abbandonare la femminilità dal punto di vista estetico; abbandonare anche la femminilità interiore.
Bianca (nome di fantasia ndr) scrive: “conosco ambienti di lavoro dove l’impiegata abbrutita dal lavoro scatta sull’attenti solo davanti a quelle che io chiamo ‘LE UOME’, vale a dire signore più o meno siliconate, ingioiellate, con scarpe da cinquecento Euro ai piedi, voce da tabagista e meches catarifrangenti (e atteggiamenti arroganti, aggressivi e tendenzialmente prepotenti n.d.r.). Le “Uome” non le scambi mai per segretarie… Le “Uome” hai paura a contraddirle… Le “Uome”, se le chiami signora o signorina si offendono… Le “Uome” ti guardano dall’alto in basso quando sei in fila e spesso tentano di passarti davanti. “Sad but True”. La vita comincia quando sei UOMA”.
E’ molto vero, Bianca. Le “Uome” ci sono, eccome, a Milano e non solo, ma qui spuntano come i funghi dopo la pioggia; fanno parte di una controcultura distorta della quale grazie al tuo commento ho l’occasione di parlare. Non conosco esattamente quale sia stato il processo socio-psicologico che ha diffuso l’idea che “per farsi sentire, ascoltare, per farsi valere, sia necessario comportarsi, atteggiarsi come gli uomini più prepotenti, arroganti; insomma scimmiottare gli stronzi”; ma tant’è; temo che in gran parte sia colpa nostra. Ma non importa ora cercare le cause; qui siamo e da qui partiamo. Le “uome” sembrano avere una marcia in più, Bianca finisce il suo messaggio con “la vita comincia quando sei UOMA”. Ebbene le “Uome” non sono affatto un bene, ma una dispercezione, una distorsione cognitiva collettiva; non è affatto necessario imitare gli uomini per farsi sentire, e apprezzare. Anzi, come ogni battaglia di civiltà (e le donne ne hanno fatte molte conquistando meritatamente i diritti e le possibilità che oggi hanno), anche quella di farsi valere rimanendo orgogliosamente ancorate alla propria femminilità credo sia una battaglia necessaria, inevitabile, e ancora tutta da combattere. Inevitabile certo, perché le “uome” non sono donne, sono OGM, ed un uomo di fronte a donne del genere, sia ben chiaro, non è spiazzato dalla loro determinazione, ma solo confuso da ciò che si trova di fronte e che non sa più cos’è, perché uomo non è, ma donna nemmeno. Il risultato è che si complicano soltanto, e ancora, i già fragili rapporti tra i sessi. No, così non va bene. Fatevi sentire, proponete idee, combattete, ma senza mai rinunciare alla gentilezza, alla dolcezza, ad una scollatura se volete, e a un bel sorriso che riempie l’aria e la vita. E’ vero, i primi momenti magari vi guarderanno più che ascoltarvi, gli uomini sono lenti. Ma se ciò che dite ha senso, piano piano si accorgeranno delle vostre idee brillanti, della vostra intelligenza, della vostra determinazione, e il tacco dodici passerà in secondo piano. Fidatevi di me. Del resto, non c’è niente che un uomo apprezzi di più di una donna che sappia farsi ascoltare senza rinunciare a ciò che è. Quella è la donna da sposare, credetemi.
Buona settimana.
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26/5/2015