E’ dato di fatto che l’influencer marketing sia diventata una parte essenziale del budget di marketing.
Fatto sta che più di metà degli stessi luxury brand si aspettano che il loro budget di influencer mktg cresca notevolmente entro l’anno successivo, legittimando così l’esponenziale crescita di popolarità degli “influencer”.
Pensate solo che un post di Beyoncé ha un valore pari a oltre 1 milione di Dollari.
Ma cosa potrebbe succedere se un personaggio famoso, come appunto Beyoncé, diventasse superfluo e non più indispensabile? E soprattutto se queste “celebs” e/o pseudo “influencer” venissero sostituite da un sistema automatizzato?
Un esempio? Chi non conosce i Gorillaz? Virtual-Band fondata alla fine degli anni 90 da Damon Albarn e Jamie Hewlett, che “mandano in scena” una versione di sé stessi fatta a cartone animato, o Lilmiquela, 19enne di origine brasiliane/spagnole residente in LA, che ha creato un “avatar” di sé stessa che indossa abiti di lusso e partecipa ad eventi con amici influencer e celebs.
Nel 2013, Marc Jacobs – all’epoca art director di Louis Vuitton – aveva disegnato i costumi per il tour del virtual avatar di Hatsune Miku, pop star giapponese di 16anni, che performava i propri concerti come ologramma; successivamente nel 2016, sotto la direzione artistica di Nicolas Ghesquiere, LV ha utilizzato il personaggio dell’eroina dai capelli rosa di “Final Fantasy” come volto della campagna SS/16.
Dove ci porterà questa evoluzione? Ma soprattutto la vera domanda è: che fine faranno, dunque, tutti gli pseudo influencer alla Ferragni con l’avvento dei virtual avatar?
Tutto ciò sta già accadendo, il bello è che non tutti se ne sono resi conto.
#BackToReality
di Claudia Cuccu